Qui sotto un articolo tratto da un interessante articolo di Marco Biffi, sulla Treccani online relativo ai termini tecnici usati da Leonardo.
(..) La questione della lingua
Come tutti coloro che si sono confrontati con la scrittura in Italia fino ad anni recenti, anche Leonardo ha dovuto affrontare una “questione della lingua”, che ha sempre riguardato, in maniera più o meno esplicita e con una maggiore o minore attenzione metalinguistica, coloro che si muovevano nel campo delle discipline tecniche. Queste, infatti, erano collocate fra le artes mechanicae e quindi, in Italia, linguisticamente riconducibili alla variegata realtà orale volgare delle botteghe, dei cantieri, dei laboratori; mentre le artes liberales “parlavano” latino nelle università e negli ambienti colti. Per Leonardo questo vale anche in ambito più propriamente teorico-scientifico, perché il suo metodo incentrato sull’osservazione della natura lo obbliga a dover definire oggetti e concetti del tutto nuovi, mai espressi in latino, né tantomeno in volgare, lingua non conforme al campo d’indagine nel quadro del sapere medievale. In quanto «homo sanza lettere» l’uso del latino era escluso; ma quale volgare usare? Come renderlo efficace per affrontare i temi tecnico-scientifici?
Sulla lingua da utilizzare Leonardo non ha dubbi: è la sua lingua materna, il fiorentino quattrocentesco (…)
Il primo stratagemma per allargare le potenzialità della lingua materna è l’interazione multimediale con il disegno, che spesso è anzi centrale rispetto al testo. Così le specifiche ruote o leve in meccanica, o le strade con particolari funzioni in architettura, trovano la loro specificità terminologica nella lettera che le accompagna e che rinvia a una specifica ruota, leva, strada nel disegno. Se il problema non è superato o superabile con il disegno allora Leonardo ricorre alle potenzialità morfologiche della propria lingua, con polirematiche in cui la ruota o la leva vengono precisate nella loro funzione tecnica con un aggettivo (leva materiale, leva spirituale, ruota dentata, ruota sofistica) o con sintagma di specificazione (ruota dell’aumento, ruota senza centro); oppure fa perno sulla suffissazione (governatore, servitore) o sulle formazioni con prefisso (contrappeso, contralleva). Si tratta di strategie ben note e usate normalmente nell’ambiente delle botteghe artigiane, come del resto la scelta dei diminutivi, che si candidano in potenza ad assumere una specializzazione semantica in senso tecnico: assicella, fusello, listello, linguella, rotella ecc. Altrove l’ampliamento della terminologia tecnica passa attraverso un altro consueto processo di formazione, quello (poi sistematicizzato da Galileo per la lingua scientifica) della risemantizzazione in senso più tecnico-scientifico di una parola dell’uso comune che assume un significato tecnico diventando termine: maestra, maschio e femmina, motore, mobile.
Il vero “tesoro leonardiano” è il Codice Atlantico, conservato nella Veneranda Biblioteca Ambrosiana in Milano, in esso si mescolano tutte le discipline coltivate dal genio di Vinci dagli anni giovanili fino a poco prima della morte: l’architettura e l’idraulica, la medicina e l’ottica, la meccanica e l’urbanistica, la geometria e l’astronomia, l’anatomia e le diverse arti figurative.
Ascolta il podcast del programma di RADIO 3 – LA LINGUA BATTE nel quale Marco Biffi racconta le sue ricerche sulla lingua di Leonardo:
https://www.raiplayradio.it/articoli/2019/05/La-lingua-di-Leonardo-b3fa27f0-642b-4b4c-b768-d3ee94b8f076.html
Per approfondimenti e bibliografia:
http://www.treccani.it/magazine/lingua_italiana/speciali/Leonardo/Biffi.html