Troviamo in questa pagina due interviste diverse:
A sinistra Pier Paolo Pasolini nel 1968 e qui a destra, estratto da Letture.org alcune parole 50 anni dopo, di Stefano Jossa, autore del libro “La più bella del mondo. Perché amare la lingua italiana” edito da Einaudi 2018, il quale descrive il suo amore per la lingua italiana.
Quando è nato l’italiano?
Gli storici della lingua insegnano che la data di nascita delle lingue non esiste, perché le lingue sono processi evolutivi che non hanno origini e fini certe. Non si è mai verificato nella storia, ad esempio, che un padre parlasse latino e un figlio volgare, che è il modo con cui chiamiamo le varie forme (quelle che solo dopo sarebbero diventati i dialetti) dell’italiano prima che l’italiano venisse codificato come lingua riconoscibile. Questa presa di coscienza di una lingua che si potesse chiamare italiana si deve a Dante, che con il De Vulgari Eloquentia puntò a definire le caratteristiche comuni della lingua che i letterati italiani avrebbero dovuto usare. L’italiano dunque non veniva descritto, ma prescritto, cioè non era una lingua esistente, ma una lingua a venire: qui è uno dei paradossi che rendono la storia dell’italiano affascinante. L’italiano, nel corso della sua storia, è sempre stato più un progetto che una realtà in atto.
(…) La questione della lingua si è concentrata essenzialmente su questo: evitare che un napoletano e un bresciano, un torinese e un barese, un veneziano e un palermitano si sentissero solo lontani e diversi. A unirli ci voleva prima di tutto una lingua comune, che li rendesse partecipi non solo di uno stesso vocabolario e di una stessa grammatica, ma anche di discorsi comuni, di punti d’incontro e condivisione legati a argomenti e dibattiti. Il primo, perché era il più naturale, il più interessante e il più condivisibile, fu l’amore; l’ultimo, secondo alcuni è il calcio, secondo altri la politica. Passa non più per la poesia, ma per la televisione: il talk show è l’ultimo atto della questione della lingua, dove si mettono in scena problematiche antichissime, come il rapporto tra lingua d’elite e lingua popolare, la presenza o meno di parole straniere, la relazione tra lingua, mimica facciale e gesti, ecc. Quel che conta, però, è che la lingua comune è da un lato un patrimonio simbolico che ci tiene uniti, ma anche, dall’altro lato, il luogo di uno scontro di potere, sempre aperto e sempre attivo, nel quale si giocano battaglie decisive per i destini della comunità.
Per approfondimenti:
https://www.letture.org/la-piu-bella-del-mondo-perche-amare-la-lingua-italiana-stefano-jossa/